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Altri sport | 14 dicembre 2018, 17:46

Finale Ligure, parla Carlini: "Ora vi racconto io oltre vent'anni di turismo outdoor"

L'imprenditore e albergatore finalese: "Non bastano i sogni, servono sacrifici di tempo, di energia ma soprattutto di capitali da investire per far decollare un progetto"

Finale Ligure, parla Carlini: "Ora vi racconto io oltre vent'anni di turismo outdoor"

“La società è piena di grandi appassionati di sport, spesso anche capaci di conquistare ottimi risultati sportivi, che conoscono bene i sentieri nei quali si allenano e credono per questo di avere in tasca tutte le risposte giuste. Ma se guardiamo la verità in faccia non sempre un grande sportivo, sia esso un allenatore, un atleta, un organizzatore di eventi, può essere un grande imprenditore. I casi in cui le due figure convivono sono molto rari”. A pronunciare queste parole è Lorenzo Carlini, albergatore finalese, tra i primi in Italia ad avere introdotto il concetto di “bike hotel”. Che aggiunge:“Essere un imprenditore del turismo significa investire risorse, energie, tempo ma soprattutto contributi economici. E nonostante tutti i sacrifici fatti, la nostra categoria spesso è odiata, perché in molti pensano che siamo degli speculatori, che chissà quanti soldi ci intaschiamo. Nell’economia attuale nessuno si intasca grandi cifre, non esiste più l’investitore che per sei mesi all’anno gioca a golf. Oggi il massimo che possiamo fare è spendere ogni energia in un progetto che porti beneficio a tutti, al comprensorio e a chi lo vive”.

Partiamo, come abbiamo fatto spesso su Savonanews, da una analisi della stagione. Spiega Carlini: “La Regione Liguria ha varato una legge di regolamentazione che prevede che fino a 48 ore dopo una forte pioggia (quantificata in 50 mm di precipitazioni) un sentiero non debba essere percorribile. Giusta la tutela del territorio, ma in questo senso fin dalla scorsa primavera non è stata fatta sensibilizzazione, ma allarmismo. Un tedesco che legge le previsioni con una settimana d’anticipo, non ha la certezza che nella sua settimana di ferie di sicuro a Finale pioverà. Ma se dovesse succedere anche per una sola volta, non rischia di perdere tre giorni di allenamento o di escursioni (uno di pioggia più le 48 ore successive di legge) dopo avere affrontato dei tempi e dei costi di trasferta. Ed ecco che sceglie un’altra meta, anche perché in Germania se dovesse non girare ogni volta che piove non sarebbe mai nato tutto il mondo MTB, non si girerebbe mai, quindi certi divieti gli risultano incomprensibili”.

Un’analisi più vasta e complessa è quella sulle competenze: “Noi albergatori dobbiamo essere preparati sulla conservazione dei cibi, sulla sicurezza, sulla chimica dei prodotti igienici, sul marketing del territorio; un aspetto, quest’ultimo, che prima curavano le APT, le Comunità Montane, la Provincia. Oggi due enti su tre sono stati sepolti e il terzo è molto sacrificato. Siamo continuamente impegnati: corsi su corsi, burocrazia su burocrazia. Chi pensa di avere in tasca la ‘ricetta perfetta’ o il ‘progetto definitivo’ per salvare il turismo, non ha idea di quanta preparazione e impegno ci siano dietro. Senza contare che oggi un’azienda turistica che conta 15 o 16 dipendenti fa quasi fatica a pagare gli stipendi. E qui torniamo al discorso di quelli che credono che l’imprenditore giochi a golf per passare il tempo”, commenta Carlini con amarezza.

Carlini vuole fare chiarezza e, per questo, vuole offrire prima un po’ di storia:

Nel 1996 prendo l’albergo Florenz. E i colleghi mi domandano se io sia scemo. In quel momento il concetto di struttura ricettiva a Finale era identificato con la vista mare, per loro io ero in periferia. L’unico modo per dimostrare il contrario era trasformare il Borgo da periferia a luogo vivo.

Nel 1997 arriva la Blu Bike Cup, finale del Valtellina Bike. Segna il primo investimento promozionale in questo campo, con nomi di prestigio del momento come Paola Pezzo e Hubert Pallhuber. L’imbeccata mi arriva da Andrea Gallo, che pur essendo noto soprattutto come climber, è il primo a suggerirmi di investire soprattutto nella crescente mountain bike. Mi mette in contatto con diversi organizzatori di gare del comprensorio, tra cui Elisabetta Belmonte, Danilo Basso e Paolo Ramò. Troviamo come sponsor RaceWear, importatore di marchi di alta gamma dagli USA con sede proprio nel Finalese. Grazie al contatto con Alberto Quadrio, patron di Valtellina Bike, scopriamo il suo progetto di uscire dai confini valtellinesi per creare eventi di respiro nazionale. Con Mauro Bertolotto di RaceWear inizia a prendere forma il gruppo che organizza la 24 ore di Le Manie, battezzato Blu Bike dal nome della guida pubblicata dagli autori Gallo, Belmonte e Balbi.

Nel 1996 conosco Marco Marchese e gli racconto le mie idee legate al cicloturismo. E qui scopro che non sono più un albergatore da solo, siamo in due. Ci rivolgiamo alla Comunità Montana del Pollupice come ente di riferimento per la valorizzazione dell’entroterra. E non mi stancherò mai di dire che l’abolizione delle Comunità Montane è stato un colpo atroce, per tutto il lavoro di coordinamento, tutela e sostegno che mettevano in atto. All’epoca era presidente Rembado e delegato al turismo Gian Marco De Sciora. Nasce il contratto di partnership con Paola Pezzo come testimonial, che partecipa a Sereno Variabile, sulla RAI, raccontando dell’outdoor finalese.

Adottiamo il progetto IMBA (International Mountain Biking Association), che stabilisce regole ferree di gestione del territorio. Eppure questo nelle nostre zone non piace: si crede che un regolamento nato negli USA non possa rispecchiare anche le nostre realtà.

Il nome Finale Ligure porta bene, perché è comprensibile in tante lingue e viene associato all’idea di finale di gara. E così, dopo Blu Bike nel ’97, inanelliamo un altro risultato nel ’98 con la finalissima AIGOR(Associazione Italiana Gare Off Road) ed entriamo così nel gotha dei grandi organizzatori internazionali di eventi. Partecipa Thomas Frischknecht, non solo grande campione ma socio di un agriturismo in Maremma con un altro straordinario atleta, Ernst Hutmacher. È così che entriamo in contatto con il mondo cicloturistico tedesco e con Bike, rivista considerata la bibbia della mountain bike in Germania. Capiamo che il mondo outdoor non è quello di lingua italiana.

Nel 1998 gli Hotel Florenz e Medusa sono i primi ad avere due siti internet, totalmente in lingua tedesca (in Italia quasi non si sapeva che cosa fosse internet), curati per noi da Bruno Mullemann. Nel 2010 in tutta Finale gli alberghi con un sito continuavano a essere non più di sei o sette.

Nel 1999 Mauro Bertolotto torna dagli USA dopo la 24 ore di Moab, nello Utah, e porta l’idea che cambierà il corso della storia: realizzare anche noi una 24H. A Moab ogni team era formato da 4 persone che correvano senza tregua. Noi pensiamo a qualcosa di più ampio respiro: più concorrenti per squadra vuol dire più relax per visitare gli stand ma anche più persone, più amici e parenti… In parte ci rifacciamo alla Bat Bike di Altare, una grande festa organizzata sullo schema pedalata, pastasciuttata e concerto musicale.

Tutto parte da un gruppo di amici, tra cui Enrico Guala, che grazie alle sue conoscenze porta a Le Manie i più grandi campioni mondiali, dalle star della MTB Hall of Fame in Colorado al Vélo Club Parisien. Di quella prima edizione custodiamo ancora gelosamente oltre 70 ore di girato, dove si possono ammirare i volti dei più importanti ciclisti attivi quell’anno. A Santa Caterina ospitiamo l’evento della MTB Hall of Fame e l’Oratorio de’ Disciplinanti per quattro mesi diventa una parte del più grande museo americano, dal 1° ottobre 1999, con pezzi rari e meravigliosi esposti.

Sempre nel 1999 la rivista Tutto Mountain Bike organizza da noi il 2° Funky Day, cioè il suo secondo raduno.

Nel 2000 pubblichiamo il DVD Finale Bike Factor che diventa il nostro biglietto da visita per la promozione alle grandi fiere mondiali: videoriprese con sinergie tra costa ed entroterra senza mai dimenticare il nostro mare, immagini che spaziano dal trailbuilding al food & beverage e molto altro.

La stampa internazionale scopre che nascono i Finale Ligure Bike Hotels. Nel frattempo Yoyo Marienfeld prende casa a Finale e pubblica una guida in tedesco che vende oltre 60mila copie.

Nel 2005 entriamo in un PSL (Piano Sviluppo Locale) e, con Spotorno capofila, prende forma il gruppo di lavoro Riviera dell’Outdoor che coinvolge 23 comuni e 80 strutture ricettive. Tra i docenti, lo stesso Enrico Guala, tornato alla sua passione per il mondo MTB dopo una parentesi nel settore dell’industria specializzata per il MotoGP.

Tra gli allievi conosco un allora giovanissimo Riccardo Negro”. E qui Carlini spende parole di sincero affetto, commentando: “Si tratta di una persona dal carattere riservato e discreto, per cui capisco che per chi non lo conosce bene possa risultare imperscrutabile, e che non traspaia tutto il sincero amore, la passione, la devozione per il territorio che Riccardo mette in tutte le sue cose. Io all’epoca pulivo i sentieri in prima persona ed ero il suo docente di trailbuilding, i corsi teorici si tenevano alla sala Palace di Spotorno e quelli pratici sui percorsi della 24ore a Le Manie”.

Riprende la narrazione Carlini: “Siamo andati in una direzione sempre più all mountain (oggi enduro) e meno race, su proposta proprio di Negro. Questa soluzione permetteva di vivere meglio i nostri spazi senza lo stress del cronometro. Da qui nel 2008 la prima finale Super Enduro (il nome Finale Ligure continua a portare bene) e poco dopo, su idea di Guala, la Enduro World Series, evento con circa 600 concorrenti e oltre 80 giornalisti da tutto il mondo”.

Siamo quasi ai giorni nostri e Carlini racconta: “Nel 2010 divento presidente degli albergatori e punto sul core-business delle famiglie, introducendo la Magic Card e il Magic Bus, una risposta a tutti quelli che dicevano che Finale non offre né servizi né parcheggi: per un euro al giorno dalle 8 alle 24 si poteva fruire di corse di collegamento in convenzione con la TPL.

Nel 2011 si tiene il convegno dal titolo ‘Inizia l’Era del dopo-Piaggio’:una vera bestemmia per una città nella quale, per un secolo, il turismo era stato visto solo come alternativa all’economia industriale di Piaggio Aero.

Nel frattempo la Legge Monti, che stabiliva che i Comuni non investissero nelle partecipate in passivo, fosse anche tale per pochi euro, impone la chiusura di PromoFinale, un altro duro colpo per la promozione dopo la morte delle APT e delle Comunità Montane. Rispondiamo lanciando il progetto ‘Quattro Borghi’. Nel mondo dalla Versilia alle Cinque Terre sono tante le località coese in un solo brand. E noi lanciamo quattro dei Borghi più Belli d’Italia tutti insieme: Finalborgo, Varigotti, Noli e Verezzi, affiancati da un bacino d’utenza outdoor che spazia da Orco Feglino, a Vezzi Portio, a Calice. Oggi questa realtà si sta trasformando e sta crescendo sempre di più, da una parte con le alleanze con il comprensorio della Val Maremola e dall’altra con tutto il Golfo dell’Isola di Bergeggi”.

E dopo tutta questa storia… Adesso?

Ci risponde Carlini: “Adesso voglio far capire che a parole sono tutti eroi, ma per fare tutto questo ci vogliono i soldi. Per dieci anni tre soli alberghi, il Florenz, il Medusa e il San Giuseppe hanno investito 30mila euro a testa all’anno in promozione e sviluppo. Vuol dire quasi un milione di euro messi sul tavolo di Finale. Ricordiamoci che tutta la Regione Liguria mette a bilancio, per il turismo dell’entroterra, un milione di euro l’anno. Un quarantesimo esatto della Valtellina, che investe appunto 40 milioni all’anno. Questo che cosa significa? Che noi, per arrivare a fare quello che loro possono costruire in 12 mesi, impieghiamo 40 anni. Ed e qui che entrano in gioco le forze degli investitori privati: perché le amministrazioni comunali credono, sostengono, danno voce e spazio a chi presenta progetti concreti e finanziati, non fantasie”.

Questo progetto è il famoso “Modello Finale”?

“In sei anni il turismo finalese è cresciuto da 82mila e 340mila presenze annue straniere. Parlano i numeri. La prima città ligure per stranieri è Genova, perché può contare sul transito dei crocieristi, che però è di passaggio. Noi abbiamo lavorato su tutto ciò per avere un bacino turistico di almeno dieci mesi annui”.

Il discorso dei brand nel Borgo può convivere con la sua identità?

“Di fatto sta già succedendo. Io vedo un borgo dove artigianato di qualità, arte, cultura e botteghe storiche convivono con negozi sportivi di pregio. Non vedo tutte quelle cineserie che purtroppo affollano altri centri storici liguri. E non vedo nemmeno quei grandi marchi di abbigliamento che alla fine rendono le strade principali delle grandi città europee tutti uguali, da Parigi alla Valletta di Malta (dove sono appena stato), fino a via Montenapoleone a Milano. Noi invece conserviamo la nostra identità”.

E la convivenza con i cittadini?

“Tra albergatori abbiamo fatto dei conti molto a spanne, ma comunque attendibili: un biker spende in media 150 euro al giorno, di cui 50 per mangiare e bere, 50 per il suo sport (servizi, abbigliamento, ricambi) e 50 per il soggiorno. Non mi sembra che sia un male per la vita della città…”

E la convivenza con le altre realtà dell’entroterra?

“Quanto mi manca la Comunità Montana! Lo so che l’ho già detto, ma era questo ente che faceva da tramite tra agricoltori, cacciatori, boscaioli, climber, biker e chiunque altro. Oggi in nome della massima serenità e sicurezza ci autogestiamo: per esempio i capicaccia ogni settimana mandano nella chat di FOR, Finale Outdoor Resort, l’elenco dei sentieri in cui si troveranno e Finale Outdoor Resort fa opera di divulgazione su ogni canale social. La convivenza amichevole di tutte le realtà è importante”.

Tra pochi mesi Finale andrà a elezioni: un appello per chi salirà, a prescindere da qualsiasi schieramento?

“Oggi Piaggio Aerospace non è più nel nostro comprensorio. Ma quegli alberghi, quei ristoranti, tutte le realtà legate all’outdoor delle quali abbiamo parlato fino a adesso hanno creato nel frattempo un indotto di 400 posti, quegli stessi 400 posti di lavoro che prima erano garantiti da Piaggio Aerospace. Quindi chiedo a chiunque salga di investire in strategie del turismo, non mi interessa il colore politico dei loro esperti e dei loro consulenti, purché siano competenti e preparati. Se vogliamo garantire un futuro alle giovani generazioni e prevenire la fuga dei nostri ragazzi verso altre realtà, dobbiamo investire tutti insieme in un progetto serio”.

Alberto Sgarlato

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