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Rugby | 28 agosto 2024, 19:31

PROGETTO CAMPIONI. Passione e perseveranza, la via verso il professionismo: conosciamo Alessandro Fusco

Alessandro condivide con noi il suo percorso sportivo

PROGETTO CAMPIONI. Passione e perseveranza, la via verso il professionismo: conosciamo Alessandro Fusco

Continua l’appuntamento periodico con una nuova rubrica all’interno dei quotidiani del nostro gruppo editoriale Morenews: Progetto Campioni.

 

Paola Mascherin ci racconterà i profili dei giovani atleti più interessanti del nord ovest, per provenienza o militanza.

 

Oggi conosciamo Alessandro Fusco, rugbista classe 1999 delle Zebre. Scopriamo la storia dietro a una grande passione per questo sport che lo accompagna da quando era un bambino. 

 

Alessandro, come hai iniziato a giocare a rugby e cosa ti ha attratto di questo sport?

“Mio padre giocava a rugby, quindi diciamo che sono nato sul campo. Ho iniziato a giocare a rugby a 5 anni. Quando sei piccolo la cosa che ti tiene attaccato a uno sport è sicuramente il gruppo di amici che trovi e il divertimento, io ho trovato entrambi. Ho praticato anche altri sport ma l’unico che non ho mai abbandonato è stato il rugby, è una passione innata che ho sempre avuto.”

 

Hai dei modelli o degli atleti che ammiri e che ti ispirano?

“Mi piace vedere lo sport in generale, che sia lo scii piuttosto che il tennis, guardo e vivo di sport. Secondo me ci sono tanti atleti da ammirare e che hanno fatto e stanno facendo una carriera impressionante a livello internazionale.”

 

Come bilanci gli impegni sportivi con la tua vita quotidiana?

“Ho la fortuna di allenarmi mezza giornata ma comunque sono impegnato al 100% al campo tutti i giorni della settimana. Ho comunque il tempo per studiare, infatti mi sto laureando di nuovo. Gli orari mi vengono abbastanza incontro, al netto delle trasferte che mi tengono impegnato il fine settimana. Diciamo che tutto sommato riesco a bilanciarmi bene.”

 

Com’è far parte di una squadra?

“A me piace molto, in passato ho praticato anche sport individuali ma ho sempre preferito quelli di squadra. Vivendo lontano da casa le Zebre sono diventate la mia seconda famiglia, sono persone che vivo quotidianamente e con cui condivido una passione.”

 

Come vivi un ambiente come quello dello spogliatoio?

“Sono una persona sempre allegra e attiva, parlo, scherzo e rido. Lo vivo in maniera molto propositiva.”

 

Come gestisci la pressione durante una partita importante o quando ti trovi davanti a una situazione difficile?

“Fortunatamente quando entro in campo un po’ mi si spegne il cervello, smetto di pensare a tutte le dinamiche e le problematiche legate alla pressione, alla paura di sbagliare o al timore di affrontare una partita importante. Sicuramente ho avuto notti insonne prima di qualche incontro ma cerco di concentrarmi su quello che faccio senza farmi influenzare dal contesto e dal pubblico.”

 

Che significato hanno per te vittoria e sconfitta?

“Nella mia vita ho avuto più sconfitte che vittorie e ho imparato a vivere le prime in maniera costruttiva. Ovviamente gioisco per una vittoria ma rimanendo sempre con i piedi per terra. Penso che le sconfitte comunque siano formative, quando si perde è difficile ricominciare con la stessa voglia e mentalità ma è proprio questo il punto fondamentale per andare avanti e continuare a migliorarsi.”

 

Quali sono valori e gli insegnamenti che ti ha trasmesso il rugby e lo sport in generale?

“Sicuramente il sostegno verso il prossimo e verso i compagni, poi l’aiutare chi ne ha bisogno e anche la resilienza di fare quello che devi fare con la massima concentrazione e impegno. Il rugby mi ha insegnato ad avere coraggio; ci sono alcune situazioni, in campo e non, che non sono semplici e a volte ti mettono davanti a scelte difficili. Ho imparato ad affrontare queste problematiche della vita in maniera coraggiosa, prendendomi le mie responsabilità sempre a testa alta.”

 

Cosa ti piace di più del rugby?

“Tutto. Non c’è qualcosa che non mi piaccia.”

 

Cosa diresti ai giovani che come te vogliono intraprendere una carriera sportiva?

“Che sicuramente non sarà facile e che dovranno rinunciare a tante cose. Uno poi non ci pensa ma i sacrifici sono tanti, la vita sportiva però ti riserva delle gioie immense. Bisogna essere disposti a sacrificarsi ma poi verrai ripagato sicuramente.”

 

Quali sono gli aspetti del gioco di squadra che ritieni fondamentali per il successo della squadra stessa?

“Sicuramente il rispetto reciproco, soprattutto in uno sport come il rugby. Rispettare chi hai di fronte è fondamentale viste le dinamiche di gioco. Personalmente credo che il rispetto debba essere alla base di tutto, sempre.”

 

Come consigli di superare un momento buio?

“Di momenti bui ce ne sono tanti, è così nello sport come nella vita. Secondo me non serve piangersi addosso, è la nostra vita e quello che facciamo, bisogna rimboccarsi le maniche e ricominciare a lavorare. Serve fermarsi, respirare, resettare tutto e ripartire. Sicuramente capiteranno alti e bassi e momenti no, ma l’importante è saper reagire e rialzarsi sempre.”

 

Come ti fa sentire stare in campo e giocare?

“Quando sono in campo, che sia per una partita o per un allenamento, sono veramente felice di esserci. Ogni volta che entro sono sempre sorridente.”

 

Pensi di essere nato con un talento?

“No, non penso di avere un talento in particolare, ne fisico ne tecnico. Tutto quello che ho me lo sono costruito con il lavoro sul campo.”

 

Cosa è servito per arrivare al livello in cui sei ora?

“Tanta voglia di lavorare e raggiungere un obiettivo.”

 

Che valore ha per te la maglia azzurra?

“Inestimabile, da prima che la indossassi ho sempre voluto indossarla. Da piccolo andavo allo stadio a vedere le partite e man mano che crescevo sognavo di indossarla anche io. Quando è successo per la prima volta mi è sembrato un sogno, per il gruppo, per la squadra, per la mia famiglia, per me stesso. Spero di non smettere mai di indossare quella maglia.”

 

Cosa hai provato quando è arrivata la prima chiamata in Nazionale?

“Ero incredulo, la prima cosa che ho fatto è stata chiamare mio padre. Ero molto contento e ho affrontato quel periodo con forza, qui torniamo sul discorso delle ansie e delle paure, ho lavorato duramente e alla fine mi sono reso conto che non era diverso da ciò che già facevo nella mia vita. Sicuramente ci vuole uno sforzo maggiore ma piano piano mi sono tranquillizzato, fino a che non sei lì, in campo e la indossi non te ne rendi conto.”

 

Cosa ti ha fatto vivere la Nazionale?

“Sicuramente le conoscenze e le amicizie. Io dico sempre che ciò che di più bello può darti lo sport è una seconda famiglia. Poi abbiamo viaggiato tanto, ho avuto la fortuna di girare il mondo e vedere posti che mai avrei pensato di visitare. Questo sia con la Nazionale che con le Zebre. Se dovessi scegliere una cosa in particolare ti direi sempre i legami che nascono con i miei compagni.”

 

Come hai vissuto l’esordio con la maglia azzurra?

“Quando ho fatto l’esordio in azzurro giocavamo con l’argentina a Treviso. Ho passato una notte insonne, avrò dormito due o tre ore e la mattina avevo più ansia di quanta ne avessi la sera. Poi quando indossi la maglia ti rendi conto che sei circondato da persone che ti aiutano e che ti sostengono, che vogliono che tu esprima il tuo gioco e faccia del tuo meglio.”

 

Il ricordo più bello della tua carriera?

“A livello internazionale è stato sicuramente l’esordio alla Coppa del Mondo a settembre, poi tutte le vittorie con l’Italia sono speciali, su tutte la prima storica in Galles, è stato un momento indimenticabile. Per me la vittoria è sempre la vittoria, quindi la vivo con gioia sia con il club che con la Nazionale. Con la seconda è normale viverla in maniera un po’ più ampliata dato che stai rappresentando un paese intero, il tuo paese.”

Paola Mascherin

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