La stagione di Gabriele Gervasi alla guida del nuovo corso dell'Under 15 del Genoa non era iniziata sotto i migliori auspici, ma come spesso capita le difficoltà hanno spinto l'intero giovane gruppo rossoblu a compattarsi e a serrare le fila.
I risultati nella seconda parte di stagione non sono infatti tardati a mancare, permettendo così ai grifoncini e al mister savonese di conquistare per il secondo anno consecutivo l'accesso ai playoff nazionali:
“E’ stato un traguardo per certi versi inaspettato - ha raccontato l'allenatore al sito ufficiale del Genoa - considerando le premesse e le difficoltà riscontrate all’inizio” spiega il tecnico, formatosi come calciatore e allenatore in squadre del ponente ligure. Per indole uno che rifiuta di appuntarsi le medaglie al petto, ma si sbraccia a distribuire i meriti ai collaboratori e a tutta la sua truppa. “Credo che una chiave di volta sia stata la capacità di soffrire. In una stagione disgraziata per i numerosi infortuni, abbiamo vinto molte partite con un gol di scarto. Significa che in campo eravamo sul pezzo e siamo usciti solo dopo avere raschiato tutto. In tanti hanno avuto la possibilità di giocare. Parecchi ragazzi del 2003 sono venuti a darci una mano.
“Abbiamo avuto dubbi a capire il verso, la direzione in cui andare. Quando vedi i ragazzi allenarsi con i colleghi, non hai le stesse percezioni. Non avevamo individuato i punti cardine del lavoro, siamo riusciti ad aggiustare il tiro anche con l’intervento dei responsabili, che battono i campi e ai quali non sfugge nulla. Io e Ferroni abbiamo seguito le dritte giuste, il processo è stato accorciato da alcune felici intuizioni. Trattandosi di giovani non è possibile contare su una crescita omogenea. Per definizione sono soggetti a parabole, ascendenti o discendenti che siano, in brevi lassi di tempo. Al di là dei valori della squadra, lo staff si è adoperato in un modo incredibile. Dalla mia ‘bibbia’ Ferroni a Orlando, da Gagliardi al dottor Rebizzo con il fisioterapista Frixione. Ai team manager Perasso e Da Ronch. Al dirigente Campanini. A loro dovrei erigere un monumento”.
Per leggere l'intervista completa vai su: