L'aria delle metropoli europee è cambiata: nei bar di Berlino scorrono gli highlights di Luka Dončić, nelle librerie di Londra spuntano le biografie di Giannis e sui social francesi il nome di Victor Wembanyama riempie le timeline. Ormai. è la consuetudine cercare online i biglietti per una partita di nba per vivere in prima persona quel mix di spettacolo, di ritmo e di storytelling che l'America esporta da decenni. Non parliamo di una moda passeggera: la regular season giocata a Parigi lo scorso gennaio è andata esaurita in 24 ore, un record assoluto per un evento NBA in Europa. In pratica, ha trasformato due semplici partite in un fenomeno pop che ha richiamato i tifosi da decine di Paesi diversi.
Le stelle europee riscrivono la storia
La storia d'amore fra l'NBA e l'Europa è iniziata sul parquet. All'apertura della stagione 2024-25, i roster contavano più di 120 giocatori nati fuori dagli Stati Uniti, 61 dei quali europei, distribuiti su tutte e 30 le franchigie. A renderla più affascinante c'è il fatto che gli ultimi sei premi MVP sono finiti in mani internazionali, da Nikola Jokić a Joel Embiid, fino al recente trionfo di Shai Gilgeous-Alexander, il primo canadese dai tempi di Steve Nash. Quando i migliori sono "di casa", il campionato smette di sembrare un prodotto importato: i ragazzi serbi, i francesi o gli sloveni possono finalmente immaginarsi protagonisti al Madison Square Garden senza tradire le loro radici.
La NBA ha fiutato il momento giusto: a marzo la lega e la FIBA hanno annunciato di voler provare a creare un campionato professionistico in Europa, integrato nei calendari nazionali e aperto alle promozioni e alle retrocessioni. L'Eurolega, che celebra il 25esimo anniversario con le arene sold-out, vede l'idea come una minaccia ma non chiude al dialogo perché ha paura di frammentare il pubblico. Dal canto suo, Adam Silver parla apertamente di una lega a 16 squadre che sappia raccontare il talento europeo in casa propria prima ancora di esportarlo oltreoceano. In termini di reputazione, è la conferma che l'Europa non è più solo un bacino di reclutamento: è il palcoscenico su cui l'NBA vuole mettere le radici.
Il digitale accorcia l'oceano
Se YouTube fu il ponte che fece conoscere LeBron a una generazione, l'NBA App è l'autostrada su cui oggi viaggiano le partite, le clip e i contenuti dietro le quinte. Dal lancio a fine 2022 l'app ha superato 6 milioni di download nella sola area EMEA, con un +52% di consumo settimanale nel Regno Unito. L'esperienza è locale nel senso più concreto: notifiche in otto lingue, highlights personalizzati e persino la traduzione live delle telecronache grazie all'AI.
La scelta paga: nella stagione 2023-24 i canali social NBA in Europa hanno generato più di 700 milioni di visualizzazioni video, più di qualsiasi altra lega sportiva statunitense sul continente. Il feed scorre all'ora di pranzo, quando oltreoceano è ancora notte, ma bastano 15 secondi per rivivere una tripla di Wembanyama. In pratica l'NBA ha compresso nove fusi orari in uno schermo da 6 pollici.
Eventi live che sembrano delle festività
Le partite in presenza restano il cuore della strategia. Non a caso la lega ha aumentato gli NBA Global Games. Quello che colpisce è il contesto: fan-zone, concerti, talk su business e moda, persino una NBA Jam dove gli influencer e le celebrità calcano il parquet. Più che una partita, sembra proprio un festival urbano che rende il basket un'esperienza trasversale.
Questo format moltiplica i benefici: gli sponsor trovano molti spazi di esposizione, le città ricevono molta visibilità internazionale e la lega testa i nuovi mercati senza dover spostare 30 squadre per un'intera stagione. Da qui l'ipotesi, ancora giovane, di un calendario con delle tappe itineranti sul modello della Formula 1, che possa convivere, o competere, con l'Eurolega.
Diritti TV e business: Quando il sabato sera diventa NBA
La distribuzione televisiva chiude il cerchio. In Italia, Sky Sport NBA dedica un canale 24/7 al basket americano e trasmette almeno 7 gare in diretta a settimana, di cui 39 in prima serata tra NBA Saturdays e NBA Sundays. In questo modo, la lega si assicura degli share competitivi con il calcio e fidelizza un pubblico che altrimenti dormirebbe durante i classici tip-off notturni.
La stessa logica guida gli accordi nei grandi mercati: beIN Sports in Francia, DAZN in Germania, TNT Sports nel Regno Unito, Movistar+ in Spagna. Ogni broadcaster riceve dei pacchetti su misura, fa leva sulla presenza dei giocatori connazionali e integra i match nei palinsesti sempre più on-demand. Dove la TV lineare rallenta, subentra la League Pass con le sue formule flessibili: abbonamento per squadra, per mese o addirittura pay-per-view.
Per capire la traiettoria basta guardare oltre il campo. Secondo un report FIBA-Nielsen il basket interessa il 69 % dei tifosi tra 16 e 69 anni, si piazza secondo solo al calcio e cresce a doppia cifra fra gli under 30. L'NBA cavalca questa onda con i prodotti digitali e con le presenze fisiche mirate, sta costruendo un ecosistema in cui gli highlights, il merchandising, gli e-commerce e le community si alimentano a vicenda.
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