Per giocare nella Scuola calcio e nelle squadre del Ponzano (dai Pulcini alla Terza categoria) le porte sono aperte. Ai bambini bravi e a quelli che hanno ancora tutto da imparare. L’unica condizione non riguarda loro, ma i genitori. Già, perché chi pensa di aver messo al mondo l’erede di Messi ha sbagliato. O almeno ha sbagliato società. Lo ha detto con forza, il sodalizio empolese con un cartellone (1,5 metri per 1,5 metri) fatto appositamente realizzare e appeso al campo, fra sede e spogliatoi: «Chi pensa di avere un figlio “campione” – c’è scritto – è pregato di portarlo in altre società». Un messaggio breve, ma forte. Decisamente forte. La firma in calce è quella del consiglio direttivo, ma l’idea è del presidente Andrea Balducci. Ingresso vietato, insomma, a chi vuole i privilegi e a chi si comporta male. «Il problema non sono i ragazzi – sostiene Balducci – perché loro si divertono, si divertono tutti. Stanno insieme, fanno attività, ridono. Poi, magari, se le squadre non vincono i genitori contestano la scelte degli allenatori, polemizzano. Eppure qui abbiamo ancora gli istruttori che c’erano quando il Ponzano era la Scuola calcio dell’Empoli». La comparsa del cartello, comunque, per ora non ha scoraggiato nessuno. «Anzi – conclude – le iscrizioni sono aumentate. Ma non per il cartello: una società vicina ha ridotto le squadre e molti ragazzi sono venuti da noi. Sono i benvenuti, loro e i loro genitori. Ma speriamo che quel messaggio serva da lezione. Se ci credo? No, non ci credo. Però lo spero». La notizia di quanto avvenuto ha fatto in breve il giro dell'intera penisola.
Tutto era cominciato con una foto postata su Face Book. Una di quelle immagini virali che quasi ti costringono inevitabilmente alla più profonda condivisione . Quella di un semplice cartello esposto dai dirigenti che recava l'avviso sopracitato. Un messaggio elementare postato, però, non dalla Polisportiva Ponzano di Empoli che l'ha affisso all'ingresso del suo campo d'allenamento frequentato sia dii bambini e dai ragazzi della Scuola Calcio sia dai "grandi" della Terza categoria, ma da Simone Bellesi, genitore di un giovane calciatore di una squadra che era giuto lì per disputare un torneo. Genitore che, probabilmente, non si aspettava questo successo social.
Non se lo aspettava nemmeno il presidente panzanese Balducci, che il cartello l'aveva fortemente voluto al punto di minacciare le dimissioni se i componenti del consiglio (che lo hanno firmato) si fossero rifiutati di esporlo. Il motivo originario, però, era forse ancor più giustificato di quello che si possa credere. Balducci, infatti, era stanco di avere a che fare ogni anno con genitori che dicendo arrivederci e vanno a tesserare i figli altrove sperando che abbiano più chance. Operazione legittimata dal fatto che il vincolo sportivo dura soltanto per una stagione fino al compimento del quindicesimo anno di età. «Tutti i genitori sono convinti di avere un campione in casa e alla fine di ogni anno ce ne sono alcuni, da noi come nelle altre società, che portano via i propri ragazzi perché ambiscono ad altro (aveva spiegato il presidente toscano in un'intervista per il "Pubblico"). Naturalmente non è così. Se un bambino è particolarmente dotato siamo noi stessi a indirizzarlo in società che possano valorizzarlo meglio. Tutti gli altri, invece, li facciamo giocare e crescere».
Da qui il suo condivisibile sfogo:
«Se i genitori portano via i ragazzi impediscono a noi, come società, di crescere. E non mi si venga a dire che i ragazzi per giocare con noi devono pagare la quota. Noi non siamo una società professionistica, io faccio l’agente di commercio e qui faccio il presidente per spirito di volontariato. La quota annuale per frequentare la scuola calcio è di 260 euro e ci serve per le assicurazioni, per far partecipare i ragazzi ai tornei, ai campionati, a costruire per loro un minimo di vita sociale necessario per la loro crescita».
Una crescita messa in discussione da quei genitori che nei propri figli vedono sempre quel certo 'non so che' che li distingue dagli altri o, molto più semplicemente, quell'occasione che non hanno avuto loro caricando bambini e ragazzini di responsabilità e aspettative che possono schiacciarli compromettendone una crescita sana al riparo di pericolose pressioni psicologiche.
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